Il profilo del wolof: lingua come strumento di mediazione in classe

Di Martina Esposito. 

In qualità di docente di inglese presso l’istituto scolastico CPIA di Ravenna (a.s. 2019-2020) ho avuto il piacere di conoscere e collaborare per il progetto Erasmus+ DIM all’interno di un gruppo di lavoro.

Nello specifico, il mio contributo si è concentrato sull’analisi del profilo sociolinguistico del wolof, una lingua legata prevalentemente all’oralità con molte varianti ed influenze.

Il mio interesse verso questo particolare ambito d’analisi è motivato anche dal mio percorso di studi precendente in ambito linguistico, essendomi laureata in studi arabo islamici presso l’Università degli Studi di Napoli l’Orientale. Con la mia analisi della lingua wolof parlata in Gambia, ho sintetizzato le lingue indigene ed esogene (inglese e arabo) che hanno influenzato e influenzano ancora la lingua stessa. Ho analizzato, infine, l’uso della lingua in diversi contesti sociali (formativo e religioso), concentrandomi sulla diversità linguistica ed etnica che rappresenta una ricchezza all’interno dei processi e degli atti comunicativi.

Gli aspetti coinvolgenti della mia analisi sono stati molteplici. In primo luogo, ho potuto osservare che la lingua wolof mostra un’evidente eredità coloniale che si esplica nella sua diversificazione territoriale e nelle sue influenze ed usi contestuali. Inoltre, è emerso dalle ricerche che il wolof ha ben due grandi varianti: il wolof parlato in Senegal (forma standard della lingua) e il wolof parlato in Gambia (utilizzato come lingua franca).

In secondo luogo, interessante è stata anche la classificazione genetica della lingua, che appartiene alla famiglia linguistica nigeriana-congolese. Quest’ultima si divide a sua volta in due gruppi principali composti da: lingue Mande e lingue del gruppo atlantico occidentale. Ebbene, in questo ultimo gruppo linguistico (all’interno delle lingue dette Senegambian) si classifica il wolof, che presenta forti influenze linguistiche da parte dell’inglese, del francese e dell’arabo.

Infine, altro aspetto sorprendente è l’estensione geografica dei territori nei quali il wolof è parlato. La lingua si parla, infatti, in: Senegal, Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania e nei paesi d’immigrazione (Stati Uniti d’America, Francia, Italia e altri paesi europei).

I testi in lingua wolof o riguardanti il wolof, tuttavia, non sono numerosissimi e sono relativamente recenti, per questo motivo il progetto DIM viene a colmare questa mancanza di informazioni e conoscenze, formulando un dizionario online largamente fruibile in contesti formali e/o informali e fornendo uno strumento di mediazione linguistica di grande utilità anche in contesti in cui i discenti, parlanti lingue diverse, hanno conseguenti livelli diversi di scolarizzazione e consapevolezza linguistica.

Nella mia esperienza professionale all’interno di contesti formativo-educativi con studenti di: età, cultura, lingua, nazionalità e religioni diverse, ho acquisito la consapevolezza di quanto sia importante l’uso della lingua madre del discente come perno per poter imparare nuove lingue e conseguenti nozioni disciplinari in lingue diverse dalla sua lingua madre.

L’uso del dizionario online prodotto dal progetto DIM e arricchito con informazioni linguistiche, attività e video interattivi, valorizza la ricchezza linguistica dello studente e utilizza le sue competenze linguistiche di base. Il risultato è quello di riuscire a produrre una forte spinta motivazionale che stimola l’integrazione e crea un clima d’apprendimento propositivo in cui lo studente si sente parte integrante del suo processo d’apprendimento. L’uso di tali strumenti integrativi è essenziale per poter generare un atteggiamento di apertura da parte del formatore verso il discente, privilegiando l’empatia, lo scambio reciproco di competenze, la mediazione linguistico culturale che riesce a solidificare i legami e a valorizzare le diversità che divengono dunque in tal modo una vera risorsa a cui attingere a piene mani.